mercoledì 14 ottobre 2009


Capitolo Trecentoventitreesimo. Il piccione superstizioso


Si dice che se si vuole vedere arrivare una persona, ci si debba assentare dalla stanza. Oppure chiamarla, con il pensiero e qualche altro piccolo gesto che già una volta aveva funzionato.
Per esempio, quel giorno ti legasti la scarpa ed ella arrivò. In seguito te la rilegasti altre cento volte, tutte senza risultato, ma in quell'occasione, certamente, indovinasti le mosse giuste. Perché la magia funzioni di nuovo sai che dovrai riprovare per altre cento volte, ed anche più, tatuandoti nella mente la successione esatta dei movimenti. Lo sai e lo farai.

Ogni volta, mentre ti annoderai quei lacci, ti convincerai che ella stia arrivando, che varcherà presto la porta, che attraverserà tra poco la via, che aprirà magicamente il portone, che si materializzerà veloce davanti a te che la stai desiderando, per la sola forza che il tuo stesso desiderio contiene.

Non c'è frustrazione nel tuo continuo provare, nelle tue disattese speranze. La caparbietà nello struggimento ti consente di non vacillare. Provi delusione solo quanto il sogno diviene reale e il grido che la chiamava si fa sorpresa.

Le parole che mai pronunciasti nemmeno questa volta sarebbero state dette.